SUOR ELISABETTA VENTURINI

Notizie su Suor Elisabetta

Stato d’anime della Parrocchia di Santa Maria Maddalena di Radon anno 1873 pag. 2  –  Anagrafe

Venturini Angelo fu Donato e fu Sandri Rosa nato il 16 aprile 1814 residente a Raldon  sarto morì 5 agosto 1886, figli:

  • ROSA                          di Angelo e di Andreoli Luigia nata il 12 settembre 1852
  • ELISABETTA            di Angelo e di Andreoli Luigia nata il 17 maggio 1857 (giorno errato? *)
  • VALENTINO             di Angelo e di Andreoli Luigia  nato il  3 settembre 1846

*  La data contrasta col certificato di battesimo del 1848-1871…, e col libro dei nati 1848-1858

Informazioni anagrafiche su Suor Elisabetta e la sua Famiglia, cliccate sul link di seguito:

Informazioni anagrafiche

Suor Elisabetta Venturini e le sue consorelle:

Sorelle della Madhia

Suor Elisabetta Venturini

Era il 4 Novembre del 1879 e Mons. Comboni dopo la S. Messa impartiva la sua benedizione a 14 persone e allievi dei suoi istituti destinati per le case di acclimatizzazione in Egitto e quindi poi per l’Africa Centrale. Di questi otto si imbarcarono a Napoli sul “Candia” diretti ad Alessandria D’Egitto e altri sei a Genova sul vapore “Messina” diretto a Suez. Fra questi il gruppo di cinque suore: Mariarosa Colpo di Marostica di VI – Catterina Chincarini di Malcesine di VR – Fortunata Zanollo di S. Zeno di Montagna di VR – Elisa Suppi di Lonigo VI – ELISABETTA VENTURINI di Raldon di VR. Le suore giunsero al Cairo il 12 Novembre nell’Istituto Comboniano femminile ma lì non si sarebbero trattenute tutte e cinque. Nella casa di acclimatizzazione restò Sr. Elisabetta Venturini con Mariarosa Colpo e Catterina Chincarini. Lì ebbe la possibilità di acclimatarsi , crescere ancora  in tutti i sensi  prima di affrontare la missione vera e propria.

La vocazione di Elisabetta nacque perché sentì parlare di Mons. Comboni con grande entusiasmo e quando suo padre con il curata don Angelo Fiorio lo ascoltarono a Zevio, ammirati dalla sua santità e zelo entusiasmarono Elisabetta che decise di farsi missionaria. Si incontrò con il fondatore che deve averla conosciuta molto bene se il 5 di Ottobre del 1879, a 22 anni di età, come postulante ricevette da lui l’abito religioso ed il 3 Novembre fece la sua professione. Il Comboni aveva bisogno di personale per completare la comunità del Cairo che si assottigliava per la partenza verso l’Africa Centrale. Così l’anno di formazione Elisabetta lo completò in Egitto e  apprese meglio e più rapidamente la lingua locale. Il 3 Dicembre 1880 Comboni arriva al Cairo e il 28 dello stesso mese parte per L’Africa Centrale con quindici persone e fra queste anche Elisabetta Venturini. Il 3 Dicembre s’imbarcò per Suez e, per la via di Suakin sul mar Rosso e del deserto del Bisciarin sino a Berber dove, dopo un breve riposo, a bordo di un vapore messo a disposizione del Vice-Re d’Egitto arrivò a Karthum. Purtroppo questo fu l’ultimo viaggio del Comboni. A dorso di cammello con breve riposi all’aperto, con lunghe ore di viaggio si raggiungevano le zone guidate dai cammellieri, ma… “ la prima ora che si monta fa quasi piacere sopportare sul cammello ma dopo 3-4 ore diventa pesante sopprattutto  il sonno e la fatica è da non credersi…” Elisabetta racconta che durante il viaggio il Comboni era premuroso e pieno di attenzioni con tutti. Col suo cammello andava da cima a fondo della carovana dando un’arancia per dissetarsi. Caddi dal cammello e corsi grave pericolo per una emorragia polmonare. Si attraversò il deserto cantando l’Ave Maris Stella e quando eravamo presi dal sonno Monsignore intonava canzoni buffe come: “ O compare mi so sonare. E come savio sonare…”Il deserto lo attraversammo in 12 giorni e 3 ore e il 22 Gennaio si giunse a Berber alla casa della missione con due giorni di riposo e poi imbarcati sul vaporetto “Fosca” per Karthum che raggiungemmo il 28 e dove tutti ci attendevano. Da lì si formò subito un’altra squadra diretta a El-Obeid ma Elisabetta continuò il suo viaggio con altre due verso il Kordofan dove c’era Sr. Teresa Grigolini. Elisabetta racconta di essere rimasta alcuni mesi a El-Obeid e avendo il compito della cucina qualche volta portava il caffè al Comboni che dopo la messa si metteva sotto l’albero e scriveva tutta la mattina. Mi è successo di tornare verso le 11 a prendere il vassoio ma lui non aveva ancora bevuto. Allora mi rispondeva:- “te ghè reson seto, ma me son proprio desmentegà!”. Nel 1882 cominciano i primi rumori di guerra con perturbazioni politiche in Sudan e così comincia anche la carestia perché nessuno per paura preparava il terreno e seminava.. Suor Elisabetta racconta che il 28 giorno di S. Agostino si sono radunate nel recinto col Governo, segno che il Madhi stava arrivando a  El-Obeid e infatti l’8 Settembre ci fu il primo attacco e la cittadina accerchiata con molti malati di scorbuto. Dice  Elisabetta.” Ci siamo messe nelle mani della Divina Provvidenza aspettando il nostro destino”. El-Obeid cadde per fame il 18 Febbraio 1883. Le Suore si incoraggiavano a vicenda ma non immaginavano cosa sarebbe loro accaduto. Infatti il 21 Gennaio i Dervischi entrarono nella missione e li dichiararono tutti loro prigionieri.. Strapparono ragazze e ragazzi alle Suore e li condussero nel deserto dove morirono di fame perché loro volevano solo i missionari. Spogliarono i Sacerdoti e le Suore strappando loro i veli e i crocefissi buttandoli nel fuoco. Le suore svestite dalle donne si difesero morsicandole con furore e furono portati tutti in piazza mentre altri saccheggiavano la casa. Si dormì tutti a cielo aperto ci confessammo preparandoci alla morte. Poi siamo sfilati davanti al Mahadi dichiarando orgogliosamente  di essere cristiani. Così davanti a noi apparvero i Dervischi vestiti con i camici, le cotte, le pianete della chiesa per scherno. Comincia così la loro tribolazione. Ci furono le prime abiure di un prete e un fratello, ma noi, ripete Elisabetta, siamo sempre stati forti e si sono imbestialiti sempre di più. Nel 1 883 inizia la prigionia più atroce. Si andava sempre avanti nella speranza che venissero a liberarci dato che  l’armata inglese era vicina ma anche il Colonnello William Hich fu ucciso e  tutti i suoi militari massacrati vicino a Rath. Ormai eravamo schiavi di questa brutta gente. Hanno diviso i Padri dalle Suore e portate davanti al Madhi che ci ha consegnate al Califfa Hadbulai molto più feroce e speravano in ogni modo di farci diventare mussulmane con l’abiura. Messe in una capanna di paglia tutte insieme ci hanno dato un po’ di pane nell’acqua. Ci istigavano in tutti i modi con le buone e le cattive, prima insieme e poi da sole. Ma avendo resistito se ne sono andati. Ma ripresero dopo poche ore dividendoci. Il Madhi partiva per Rath nel Cordofan e ognuna di noi lo seguiva con il proprio padrone. Il MARTIRIO di Elisabetta cominciò con il Califfa Alli Dinar, uno dei più feroci. Fu chiamata al suo cospetto, le mise le mani addosso prendendole le sue devozioni e bruciandole. Le minacce e gli insulti furono molti ma sempre grande la sua resistenza. La notte fu terribile! Messa in un “lordor”con un angareb una quindicina di uomini si presentarono tutti nudi, si avvicinarono a turno per solleticarla e perché cedesse alle loro laidezze e oscenità. Chiudeva gli occhi per non vedere e glieli aprivano. Una volta sfogati la buttarono alle intemperie di giorno e di notte perché ricevesse anche gli scherni di tutti quelli che passavano. Questo inferno durò 12 giorni e altrettanti notti. Essendo il Madhi a Rath anche il Califfa Alì Dinar partì con tutte le sue donne e schiave e fra queste anche Elisabetta. Naturalmente si camminava sempre a piedi al suo seguito! A Rath fu nuovamente interrogata sul perché non volesse farsi mussulmana ma lei persisteva sempre con un NO assoluto. A questo punto, più infuriati di prima, inventarono nuovi tormenti. L’hanno battuta con la frusta sotto i piedi per diversi giorni di seguito tanto da farle uscire tutte le unghie dei piedi e con le gambe livide sino al ginocchio dalle frustate prese. Non  potendo reggersi in piedi venne buttata dietro la casa come una bestia, per terra e senza niente. Poi vedendo che non si arrendeva, una mattina, le misero una corda al collo e la tirarono di qua e di là ma tutto fu inutile perché lei non cedeva. Così la legarono strettamente a un albero con i gomiti che si toccavano di dietro e l’albero stava in mezzo fra schiena e gomiti. Dei giovani le gettavano addosso formiche che con la loro puntura provocavano un tremito e pungevano come le vespe. Così fu per tutto il giorno e la sera quando la slegarono era più morta che viva. In queste condizioni fu portata dal Madhi per farle recitare la formula del Corano ma non parlò, era senza fiato. Poi il Madhi la mandò dalle sue sorelle e fu una grande gioia ritrovarsi insieme. Dal 1883 al 1985 si fecero vari tentativi di fuga. Nel 1885 il Madhi mandò  a prendere Suor Venturini e disse che anche lei doveva sposarsi. Questo nuovo interesse per lei la convinse a tentare la fuga. Infatti partì con un mercante Siriano fingendo di essere sua moglie ma senza aver fatto alcuna cerimonia. Così arrivati a Berber, dopo qualche giorno partirono per Dongola. Seguivano la carovana lontani dalla gente per non farsi scoprire. La suora sul cammello era vestita come una nera con la terga da dove vedeva tutto. Alcuni scoprirono il Siriano a fumare, cosa proibita, così li rimandarono a Berber e la Venturini rimase presso la famiglia per circa sei mesi, sempre con la speranza di poter fuggire  ma poi tornò a Karthum dalle sorelle,  era il 1887. Per vivere si lavorava di cucito. Nel 1891 riuscirono a lasciare Omdurman. La Venturini, don Oscrwalder e la Chincarini, per interessamento di mons. Sogaro, con tre arabi, mandati e pagati apposta, sono partiti e l’8 Dicembre, festa dell’Immacolata sono arrivati a Morad fuori pericolo. Scrive il Vescovo del Sudan.-“Arrivarono il 29 Novembre correndo tre giorni e tre notti sempre a cammello. I patimenti furono indicibili”. Scrive suor Romana Antolin:- “ Penso sempre al loro martirio cruento e umiliante, alla loro vita di sacrificio per tanti anni e all’umiliazione subita al loro ritorno al convento dove non vollero riceverle se non dopo un’altra dolorosa umiliazione come se fossero state delle “Apostate”. Ma suor Matilde Lombardi, superiora dell’ospedale austro-ungarico si disse subito pronta ad accogliere le due consorelle reduci dalla prigionia offrendo loro ospitalità e cure mediche. Il 1898 fu la fine della Madhia. Nel 1907 suor Bettina si trasferì ad Assuan poi a Khartum. In ogni lettera della Grigolini non mancavano mai i saluti speciali per suor Bettina! Nel 1929 furono festeggiate a Kharthum il 50° di vita missionaria di suor Bettina e suor Catterina. E nel 1930 fu celebrata una S. Messa di ringraziamento per queste “donne valorose”. Dopo la morte di suor Caterina, Elisabetta fu trasferita a Omdurman per circa un anno e quindi ad Atbara fino al 1936 poi arrivò a Khartum dove morì. Dice una testimonianza anonima di quel periodo.- “ Bettina era la mia compagna nel far visita agli Arabi malati e mi pregava sempre di non portarla presso le case dove era conosciuta dal tempo della prigionia perché non voleva ricordarla e anche per questo ottenne di andare ad Atbara. Nel 1937 1l 14 Luglio fu l’ultima ricreazione di suor Bettina che ricordava le canzonette del Comboni quando andavano verso il Sudan. La stessa notte, presa da insonnia e malori, si alzò e cadde sulle scale riportando una grave ferita alla testa. A poco a poco entrò in coma e nel delirio urlava e riviveva i tristi eventi della prigionia. La sua agonia durò otto giorni sino al 22 Luglio. Cosa insolita fu vegliata a cassa aperta tutta la notte ….” Era molto bella e serena sembrava pronta per la promessa eterna”. Raggio e Nigrizia parlò della morte dell’eroica religiosa che in dieci anni di torture Madhiste patì anche per far fiorire l’allora nascente famiglia religiosa delle PIE MADRI DELLA NIGRIZIA. Suor Elisabetta Venturini nasce a Raldon di Verona nel 1857 e muore il 14 luglio del 1937.

La testimonianza di Sr, Stefanina Palenza ricorda che ad Atbara nel 1938 un anziano signore che ha accompagnato Bettina per la fuga dalla Madhia, era un cammelliere, chiede di poter vedere la suora ma sentendo che era morta si mise a piangere fortemente ricordando di aver rischiato la propria vita per metterla in salvo. Ora i resti di Suor Elisabetta Venturini riposano nel cimitero di St. Francis a Omdurman accanto a quelli del Sacerdote Giuseppe Ohrwalder.

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